COVID E DECRETO ANTI-CRISI

Immaginiamo quanti imprenditori, già alle prese con la gestione del Covid, l’organizzazione delle eventuali ferie per i dipendenti, la gestione della cassa integrazione, la ripresa o non ripresa di settembre, diranno: ma almeno il decreto anti-crisi non ce lo siamo tolti dai piedi fino a settembre dell’anno prossimo?

Come sempre succede, della serie “MAI UNA GIOIA!”, la risposta è negativa. E’ vero che, per effetto di quanto approvato nell’ambito del Decreto Crescita Italia tutte le disposizioni in tema di codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al dlgs 12 gennaio 2019 n. 14, ivi compreso il nuovo sistema di allerta, entreranno in vigore solo dal 1° settembre 2021, ma c’è anche un’altra parte che invece non solo non è stata rinviata ma è già in vigore.

Ciò che quindi sarà applicato solo a partire dal 1° settembre 2021 sono le nuove disposizioni generali sui soggetti che partecipano alla regolazione della crisi ed insolvenza, le procedure di allerta e composizione assistita, i nuovi strumenti di regolazione della crisi, le nuove regole sulla liquidazione giudiziale, quelle relative all’insolvenza dei gruppi di imprese e sulla liquidazione coatta amministrativa, le nuove disposizioni penali e del lavoro. Sono in sostanza le disposizioni che prevedono il ricorso ad uno strumento esterno all’azienda, il cosiddetto O.C.R.I., nel caso in cui l’azienda riconosca lo stato di insolvenza ed in avanti fino all’ eventuale ricorso delle procedure concorsuali.

Invece ciò che è già in vigore è quanto previsto dal comma 2 dell’art. 2086 c.c., introdotto dall’art. 375 del D.Lgs. 14/2019 (c.d. “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”) con effetto dal 16.3.2019, che stabilisce che l’imprenditore, operante in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale.


COSA SIGNIFICA “ADEGUATO ASSETTO ORGANIZZATIVO”?

Innanzitutto vediamo cosa si intende per assetto organizzativo. L’assetto organizzativo, pur presentando notevoli elementi di soggettività (basta pensare alle differenze per dimensioni e struttura tra le imprese), può essere definito come la definizione dei ruoli ed il complesso di direttive e procedure stabilite affinchè il potere decisionale e la responsabilità siano assegnati ed esercitati presso un appropriato livello di competenza: esso può peraltro essere interno ma a anche in parte esterno all’azienda. E’ il caso ad esempio di un consulente che a cadenza effettuato le operazioni previste per la valutazione dello stato dell’impresa da solo o in collaborazione (meglio) con personale interno.

Un assetto organizzativo si definisce “adeguato” quando presenta le seguenti caratteristiche:

·       È in grado di rilevare aspetti importanti e critici per l’impresa, quali lo stato di crisi o di insolvenza;

·       è basato sulla separazione e contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni: è bene non ci siano accentramenti né situazioni di conflitto che vedono la stessa persona come controllore e controllato;

·       possiede chiara definizione delle deleghe e dei poteri di ciascuna funzione;

·       assicura la capacità di garantire lo svolgimento delle funzioni aziendali: non deve essere di intralcio per il normale funzionamento aziendale, anzi deve essere veicolo di trasferimento delle informazioni utili da reparto a reparto, da persona a persona.

La chiara identificazione delle funzioni, dei compiti e delle responsabilità deve essere definita attraverso l’organigramma aziendale ed eventualmente il mansionario che hanno il compito di inquadrare la struttura aziendale.

Ovviamente lo schema appena rappresentato è maggiormente tipico di un’azienda di dimensioni per lo meno piccole tendente al medio (ricordiamo che nella definizione comunitaria un’azienda piccola possiede da 11 a 50 dipendenti, mentre un’azienda media da 51 a 250); comunque anche le aziende veramente piccole, quali ad esempio le micro (quelle da 1 a 10 addetti) devono ugualmente attenersi alle disposizioni, naturalmente tenendo conto delle proprie caratteristiche dimensionali.


L’organigramma non è uno schema rigido e predefinito ma deve sapersi adattare alla singola realtà: non deve mai confliggere con la situazione reale oppure essere ostacolo per la fluida ed efficiente gestione dell’azienda.

Ritornando quindi al codice anti-crisi troviamo che addirittura è stato aggiunto qualche cosa: sono state inserite alcune norme specifiche riguardanti la società a responsabilità limitata. Saltando i riferimenti normativi diciamo che vengono formulate le regole sul funzionamento dell’organo di gestione. Di fatto vengono definiti ulteriori obblighi sul consiglio di amministrazione, che:

·       valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, affinchè nel tempo non si perda l’attinenza ai principi che ne hanno ispirato la composizione;

·       può delegare proprie attribuzioni ad alcuni suoi componenti, stabilendone i relativi limiti;

·       esamina i piani strategici, industriali e finanziari aziendali, quando predisposti a cadenza programmata.

La conseguenza è quindi che risulta indispensabile la redazione dei piani strategici, industriali e finanziari, in quanto l’adeguatezza degli assetti societari, come anticipato, è funzionale anche alla rilevazione tempestiva della crisi: quest’ultima ricorre, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 14/2019, in presenza di uno “stato di difficoltà economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.

Quindi le aziende non possono scappare all’obbligo: è necessaria l’esistenza di un piano industriale-finanziario, la cui effettiva esecuzione deve essere costantemente sottoposta a controllo, apportando opportuni correttivi per rimediare ad eventuali scostamenti significativi, nonché per tenere conto dell’evoluzione del progetto aziendale in relazione al trascorrere del tempo.

Cosa significa in pratica?


Dobbiamo pensare ad un’azienda dove una persona od una struttura rediga questi piani finanziari su base periodica stabilita, ma comunque non oltrepassando il mese tra un’esame ed un altro (ricordiamoci che siamo in fase Covid) e tali piani siano discussi dalle figure apicali dell’impresa per verificare la situazione dell’impresa e prendere le decisioni necessarie. La componente Covid esaspera ancora di più questo concetto: una qualsiasi decisione governativa che riguardi la circolazione di persone e merci o le attività (si potrebbe dire addirittura la libertà) del singolo cittadino può da un giorno all’altro cambiare lo scenario e minare in modo importante l’ipotesi di continuità aziendale. E’ certo che in questo caso vanno rivisti scenari, piani strategici e finanziari non aspettando certamente la scadenza prossima prescritta.

Se tutto ciò fosse proceduralizzato fino a verbalizzare i contenuti di tali riunioni per essere esibiti anche all’esterno (banche?) sarebbe il massimo dal punto di vista dell’efficacia.

Ma al tempo stesso non abbiamo affermato nei precedenti articoli che l’incertezza di mercato determinata dall’evoluzione della pandemia ci mette nelle condizioni di dover cercare il più possibile di fare analisi di scenario essendo in una situazione altamente volatile?

E’ innegabile che come abbiamo visto Covid e Decreto anti crisi spingono sinergicamente le imprese a darsi da fare per rispondere a queste domande:

·       quale è e quale sarà nei prossimi mesi la mia situazione di liquidità?

·       ho delle riserve a cui attingere?

·       devo cambiare in qualcosa a livello aziendale per meglio fronteggiare la scarsità di denaro?

·       devo rivolgermi al sistema degli istituti di credito?

Quindi se da una parte l’azienda può non utilizzare il sistema degli indici definito dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (soggetto a rinvio al primo settembre 2021), così non è per i piani finanziari.

Va ricordato un altro punto importante: il cosiddetto “carattere esimente”.

Non sarà forse una grande consolazione, ma nel caso in cui l’azienda dovesse andare in dissesto e l’operato degli amministratori e controllori dovesse entrate nella valutazione di un giudice, la presenza di un adeguato assetto organizzativo e la formulazione di piani finanziari costituirebbero un’attenuante di cui il giudice terrà conto nel giudizio e potrebbe servire ad evitare pene e sanzioni.

Altra cosa da ricordare è che non esistono distinzioni dimensionali riguardo la necessità di effettuare previsioni finanziarie: i ragionamenti fatti si applicano alle aziende di qualunque dimensione.


IN CONCLUSIONE

Siamo di fronte ad un qualcosa che ci viene prescritto e che oltretutto è utile nella gestione aziendale perché può evitare che l’azienda vada in crisi: sorge quindi la domanda spontanea PERCHE’ NON FARLO?

A mio giudizio non sono permesse eccezioni o dispense: le aziende che già sono in regola possono stare tranquille, ma quelle che non si sono ancora attrezzate devono pensare seriamente ad adeguarsi nel più breve tempo possibile. Queste ultime hanno quindi la possibilità di prendere l’impegno che già a settembre si daranno da fare per mettersi a posto.

Ciro Conte, Pubblicato su Veneto Eccellenze l'8 agosto 2020